Paolo Pejrone (Torino, 1941) vive in Piemonte nel Saluzzese. Si è laureato in Architettura al Politecnico di Torino ed è stato allievo di Russell Page. Dal 1970 lavora in Italia, Francia, Svizzera, Arabia Saudita, Grecia, Inghilterra e Germania come architetto di giardini. Collabora con numerosi giornali e riviste d’opinione e specialistiche. È vicepresidente per l’Italia della International Dendrology Society (Ids), socio fondatore dell’Associazione italiana di Architettura del paesaggio (Aiapp), ideatore e fondatore della mostra-mercato "Tre giorni per il Giardino" al Castello di Masino e fondatore e presidente dell’Accademia piemontese del giardino.
Ha scritto:
Il vero giardiniere non si arrende
In giardino non si è mai soli
“Non chiamatemi architetto. Io sono un giardiniere”. Intervista a Paolo Pejrone
di Ilaria Zaffino, tratta da “la Repubblica”, 8 settembre 2006
Quali sono allora le doti di un bravo giardiniere?
Grande osservazione, pazienza, buon umore e buon senso. Ma anche spirito pratico. Perché la teoria serve, ma è la pratica che fa il giardino. E poi per curare le piante bisogna essere estremamente generosi, disponibili.
Quanto conta la curiosità?
La curiosità è tutto. Bisogna leggere, informarsi, andare alle mostre, discutere con chi coltiva. Ma soprattutto imparare a conoscere il proprio terrazzo, il proprio giardino. Sapere cosa accade d’inverno, che cosa invece d’estate, riconoscere qual è il vento del nord. E spesso si va per tentativi e verifiche. Io ormai lo so, sono quarant’anni che mi occupo di giardini, ma in genere un paio d’anni di pratica bastano. Oppure un bravo consigliere.
Com’è il suo giardino ideale?
Innanzi tutto deve essere un giardino felice.Un giardino in cui le piante stanno bene, vengono piantate in maniera intelligente. Non devono soffrire. Perché il giardino non deve essere assolutamente un posto di costrizione, di sofferenza. Ma soprattutto non deve essere un luogo di esibizione, da tenere solo per farlo vedere ai vicini. Al contrario, il giardino e il suo giardiniere col tempo diventano complici, in qualche modo amici”.
Già, ma come si fa a diventare "amici" del proprio giardino?
“Si affronta la crescita insieme, insieme si combatte la battaglia contro i nemici esterni. E il giardino risponde a questa amicizia: vive, vive bene e dà frutti, dà verdura. Gli alberi diventano sempre più belli. Perché le piante sono molto più generose di quanto uno immagini. Ad esempio, stamattina uscendo di casa alle sei e mezzo, attraversando il cortile ho respirato il profumo dell’olea fragrans che fiorisce tutti gli anni a settembre, puntuale come una tassa del demanio. Tutto intorno, lo spazio era immerso in questo profumo affascinante e delicato. Un profumo che ti resta dentro. Ecco, io penso che c’è qualcosa di più di quello che uno vede, della pianta in sé: è un processo che si innesca, un processo di gioia.
Lei come ha cominciato ad appassionarsi di giardini?
Quasi per gioco. Fin da piccolo ho cominciato a coltivare le piante nel mio piccolo orto, in un angolo di quello grande. Dapprima l’insalata, i ravanelli. Dall’orto poi sono arrivato al giardino.E dalla coltivazione alla progettazione…Già. Ma non chiamatemi architetto. Io sono soprattutto un giardiniere.
Nessun commento:
Posta un commento