sabato 27 gennaio 2007

I libri di Paolo Pejrone



Paolo Pejrone (Torino, 1941) vive in Piemonte nel Saluzzese. Si è laureato in Architettura al Politecnico di Torino ed è stato allievo di Russell Page. Dal 1970 lavora in Italia, Francia, Svizzera, Arabia Saudita, Grecia, Inghilterra e Germania come architetto di giardini. Collabora con numerosi giornali e riviste d’opinione e specialistiche. È vicepresidente per l’Italia della International Dendrology Society (Ids), socio fondatore dell’Associazione italiana di Architettura del paesaggio (Aiapp), ideatore e fondatore della mostra-mercato "Tre giorni per il Giardino" al Castello di Masino e fondatore e presidente dell’Accademia piemontese del giardino.
Ha scritto:
Il vero giardiniere non si arrende
In giardino non si è mai soli


“Non chiamatemi architetto. Io sono un giardiniere”. Intervista a Paolo Pejrone
di Ilaria Zaffino, tratta da “la Repubblica”, 8 settembre 2006

Quali sono allora le doti di un bravo giardiniere?

Grande osservazione, pazienza, buon umore e buon senso. Ma anche spirito pratico. Perché la teoria serve, ma è la pratica che fa il giardino. E poi per curare le piante bisogna essere estremamente generosi, disponibili.

Quanto conta la curiosità?

La curiosità è tutto. Bisogna leggere, informarsi, andare alle mostre, discutere con chi coltiva. Ma soprattutto imparare a conoscere il proprio terrazzo, il proprio giardino. Sapere cosa accade d’inverno, che cosa invece d’estate, riconoscere qual è il vento del nord. E spesso si va per tentativi e verifiche. Io ormai lo so, sono quarant’anni che mi occupo di giardini, ma in genere un paio d’anni di pratica bastano. Oppure un bravo consigliere.

Com’è il suo giardino ideale?

Innanzi tutto deve essere un giardino felice.Un giardino in cui le piante stanno bene, vengono piantate in maniera intelligente. Non devono soffrire. Perché il giardino non deve essere assolutamente un posto di costrizione, di sofferenza. Ma soprattutto non deve essere un luogo di esibizione, da tenere solo per farlo vedere ai vicini. Al contrario, il giardino e il suo giardiniere col tempo diventano complici, in qualche modo amici”.

Già, ma come si fa a diventare "amici" del proprio giardino?

“Si affronta la crescita insieme, insieme si combatte la battaglia contro i nemici esterni. E il giardino risponde a questa amicizia: vive, vive bene e dà frutti, dà verdura. Gli alberi diventano sempre più belli. Perché le piante sono molto più generose di quanto uno immagini. Ad esempio, stamattina uscendo di casa alle sei e mezzo, attraversando il cortile ho respirato il profumo dell’olea fragrans che fiorisce tutti gli anni a settembre, puntuale come una tassa del demanio. Tutto intorno, lo spazio era immerso in questo profumo affascinante e delicato. Un profumo che ti resta dentro. Ecco, io penso che c’è qualcosa di più di quello che uno vede, della pianta in sé: è un processo che si innesca, un processo di gioia.

Lei come ha cominciato ad appassionarsi di giardini?

Quasi per gioco. Fin da piccolo ho cominciato a coltivare le piante nel mio piccolo orto, in un angolo di quello grande. Dapprima l’insalata, i ravanelli. Dall’orto poi sono arrivato al giardino.E dalla coltivazione alla progettazione…Già. Ma non chiamatemi architetto. Io sono soprattutto un giardiniere.

giovedì 25 gennaio 2007

Orchidee




Di solito, quando ci troviamo in possesso della prima pianta di orchidea, che abbiamo comprato o ci hanno regalato, non sappiamo come fare per farla sopravvivere, e, di fatto, spesso la povera pianta dopo un’agonia più o meno lunga, muore.Questo succede perché ci immaginiamo la foresta dove vive come un luogo buio, con la pioggia talmente frequente da tenere il terreno sempre fradicio di acqua, caldissima e umida, e quindi tendiamo a tenere la pianta in casa, magari vicino ad un termosifone, e la annaffiamo tutti i giorni tenedola su un sottovaso ricolmo d'acqua. In questo modo decretiamo la fine prematura della nostra pianta a cui tenevamo tanto e decidiamo che la coltivazione delle orchidee è bene lasciarla a Nero Wolf (il famoso investigatore privato creato dalla penna di Rex Stout)!In realtà la maggior parte di queste piante, hanno una particolarità: non vivono sul suolo, ma, pur non essendo parassite, nascono, vivono e fioriscono aggrappandosi con le loro robuste radici ai rami dei maestosi alberi della foresta (in compagnia comunque di tante altre piante come bromeliacee, felci, muschi ecc), spesso sui rami più alti,riuscendo in questo modo a raggiungere la luce del sole che ai tropici è molto più intensa rispetto alle nostre latitudini (1° fattore: luce in abbondanza).Inoltre, anche se piove tutti i giorni, non rimangono mai molto tempo con le radici bagnate proprio perchè sono all'aria aperta e si asciugano in poche ore (2° fattore: poche annaffiature, ma molta umidità atmosferica), e le sostanze nutritive che gli occorrono sono solamente quelle che "piovono dall’alto" (guano, detriti vegetali) e che si fermano nelle fessure della corteccia dei rami dove vivono (3° fattore: pochi fertilizzanti). Inoltre molte di queste vivono in foreste montane ad altitudini di anche 1000-2000 m, che sono sì umide, ma non molto calde, con temperature che vanno da pochi gradi sopra lo zero fino ad una ventina di gradi (4° fattore: temperature non eccessive).

giovedì 11 gennaio 2007

Le piante grasse






La Coltivazione delle piante grasse


Il loro estremo adattamento all'ambiente arido, fa sì che questo tipo di piante sia considerato robusto o tollerante alle disattenzioni sulle annaffiature o per l'esposizione alle alte temperature.
Per opposte considerazioni, presentano invece molte difficoltà in situazioni di scarsa illuminazione e alle basse temperature (il minimo vitale è generalmente di 5° C ).
Luce : ottimale in tutte le stagioni ma non eccessiva, vi sono solo rare le eccezioni per alcune che comunque richiedono luce da buona a diffusa.
Temperatura: deve essere non troppo alta nei mesi estivi e non troppo bassa nei mesi invernali. Sarebbe erroneo mantenerle costantemente a temperature fisse medio alte, proprio perchè nei mesi invernali si ha l'induzione alla crescita e alla fioritura e la temperatura ottimale deve restare fra i 5 e i 10° gradi. Fare sempre attenzione al gelo. Fatte rarissime eccezioni queste piante non sopportano minime al disotto di 0° C.
Annaffiature: allo stato selvatico sono abituate a lunghi periodi di siccità per poi essere sommerse da alluvioni. Nelle coltivazioni amatoriali, è bene sempre moderare le annaffiature, mantenendo umido il suolo nel periodo invernale con 1- 2 bagnature al mese, per poi progressivamente arrivare al massimo di 4-5 bagnature nei mesi più caldi.
Terreno: i substrati devono essere caratterizzati da una struttura permeabile e porosa, al fine di evitare pericolosi ristagni idrici: quasi tutte le piante grasse prediligono terreno acido e sono consigliate miscele con materiale drenante come sabbia o lapillo.